PARTHENOPE INFERNO CELESTE - I molteplici volti dell’umanità - di Silvana Campese

 di Pino Cotarelli

“Parthenope Inferno Celeste - I molteplici volti dell’umanità”, l’interessante libro dell’autrice Silvana Campese, edizioni Phoenix Publishing (150 pagine, euro 14), racconta la storia di una famiglia napoletana, rivelando, insieme alla quotidianità e alle esperienze vissute dei singoli componenti, gli interstizi inconfessabili e i loro destini che appaiono irrimediabilmente condizionati. Una storia che scorre in una cornice storica in cui si svolgono i fatti, che abbraccia il periodo che va dalla Prima Guerra ai primi del Terzo Millennio, col fascismo, post-fascismo, gli eventi tragici del terremoto del 1980, le guerre di camorra e i rapimenti illustri, fatti che finiscono inevitabilmente per influire e condizionare le vite e i caratteri psicologici, anche dei componenti di questa variegata famiglia partenopea. Sullo sfondo una Napoli, dove la lotta fra il bene e il male sembra non esaurirsi mai, una Napoli che come “cartina tornasole”. come la definisce l’autrice, può offrire agli osservatori, gli indicatori che meglio possono far comprendere tutto ciò che accade in questa terra controversa, prima ancora che possano riverberarsi altrove. A Parthenope vengono associate le protagoniste Mariuccia, Carmela, Justine, Angela, perché capaci di affrontare le difficili realtà con le proprie sole e uniche forze. Un racconto che accompagna le singole vicende con la descrizione dei luoghi, delle abitudini, delle tradizioni e delle caratteristiche del popolo partenopeo, che per il suo dipanarsi richiama le memorie di Maria, la protagonista principale, da lettere reperite a caso, da frasi riportate sul suo libro e da registrazioni fatte su cassette. Forse una necessità quella di Maria, di esorcizzare il male vissuto, con le rivelazioni delle tristi e inconfessabili vicende ingoiate e sopportate da troppo tempo, per non alterare l’apparente tranquillo ménage della sua famiglia. Alle nipoti ed in particolare a Justine, in quanto insegnante, viene affidato il compito di conoscere, comprendere e far tesoro dell’esperienza di vita e di impegno sociale e politico della zia Maria, affinché possa ispirare quelle azioni collettive utili ai miglioramenti sociali e nel contempo, nel comprendere il male subito dalla zia e finalmente svelato, possa esplicitarlo perché questo non possa più nuocere ad altre potenziali vittime, che troppe volte, per immaturità, per incapacità o per vergogna, si rifugiano nel silenzio che può apparire anche complice. Una lettura scorrevole che coinvolge il lettore per le vicende complesse e intriganti, che offre spaccati ben documentati di periodi storici del passato e del vissuto presente che ancora ci appartiene, sollevando riflessioni su fatti e vicende che appaiono immutabili nel tempo nella loro triste drammaticità, nonostante l’evoluzione progressiva e accelerata delle generazioni che si susseguono nel tempo.

 Quale è l’ispirazione di questo romanzo?

L’ispirazione ci fu durante e soprattutto a conclusione di una pesantissima esperienza da me vissuta all’interno di un consorzio di imprese, tra la fine del secondo e gli inizi del terzo millennio, a proposito della quale annotai non poche riflessioni giorno per giorno, a commento di vari episodi e mie forti sensazioni e percezioni. Però me ne sono servita tempo dopo per sviluppare quella che sarebbe diventata la seconda parte del romanzo, dove, anni dopo la fine di Mariuccia, la zia tanto amata, le nipoti, Justine figlia del fratello Pasquale e Carmela, figlia della sorella Angela, sono le protagoniste, ciascuna nel proprio ruolo di docente. Mentre tentavo di creare la prima bozza del romanzo, mi si affollarono nella mente una molteplicità di personaggi a segnalare la necessità di risalire alle origini della storia familiare. Quindi Michele, il nonno di Maria, il padre Catello, la madre Carmelina, fratelli, sorella e quant'altre/i personaggi in un certo senso sono venuti a cercarmi, per esistere non più e non solo in quanto immagini senza nome o confusi flash nell'archivio cui attinge chi scrive, tra fantasia e vissuto. E’ così che ho trovato in me il coraggio e la forza di creare una saga familiare, alla quale non avevo pensato all’epoca dell’esperienza presso il consorzio di imprese.

Contiene fatti o personaggi reali?

No, nessuno è reale nel senso che mi sono solo ispirata a qualche persona di mia conoscenza per caratterizzare il personaggio nell’aspetto fisico e nel carattere.

I fatti e gli eventi storici come condizionano i personaggi del romanzo?

Carattere, psicologia e mentalità dei personaggi, sia di quelli principali che di tutti gli altri sono in parte determinati da vissuto soggettivo e familiare ma in alcuni incidono più che in altri i fatti e gli eventi storici. Uno per tutti Michele Cantalamessa, che piange lacrime di dolore alla partenza dei reparti militari inviati in Africa Orientale o quando inizia l’invasione dell’Etiopia nell’ottobre del 1935... Egli aveva sempre amato la politica, la storia, il mito. Aveva sognato un futuro molto diverso da quello che il destino gli riservava: finita la Grande Guerra, dovette abbandonare gli studi per farsi carico della famiglia e del negozio unico bene rimasto del patrimonio un tempo invidiabile che la dissolutezza paterna concorse a dissipare.  

Cosa hanno in comune Parthenope, Napoli e le donne del romanzo?

Maria è Parthenope ma lo sono anche in altri modi la madre Carmela, Justine, Angela e altre figure di donne perché rappresentano la forza del femminile, quella che permette alla maggioranza delle donne di fronteggiare la realtà anche nei momenti più difficili e drammatici. Anche nel presente ne stiamo avendo un esempio straordinario... Mi riferisco alla pandemia di Covid19 in atto e purtroppo in piena seconda ondata. Parthenope è per me l'emblema del femminile che affronta la vita; l'eterna lotta tra il bene e il male pervade Parthenope/Neapolis come le pagine di questo mio libro che è al tempo stesso Parthenope/Inferno Celeste ma anche un lungo canto per alcuni versi nostalgico, per altri d'amore per le sue origini e la sua millenaria cultura.

Michele Cantalamessa detesta Catello Esposito ma l’accetta rassegnato?

Il padre di Carmelina è un uomo buono.  Ha sperato che l’amore di Catello per la sua figlia adorata, peraltro incinta di lui prima del matrimonio, la vita in famiglia e il lavoro nel negozio lo potessero cambiare, nel senso di dargli l’opportunità di alimentare ed esprimere il meglio di sé, che evidentemente pensava non potesse mancare se la giovane se ne era tanto innamorata. Invece il genero lo delude sempre di più e quindi Michele non può che provare dolore e rabbia. 

È l’esperienza traumatica che spinge al riscatto sociale Maria Esposito?

E’ certamente un fattore determinante ma lo è anche l’amore grandissimo che la legava alla madre e il desiderio di vendicare i torti che le vedeva subire in casa da parte del marito. Anche se Carmelina non se ne lamentava con le figlie.

La cultura è in grado di offrire alternative alla morsa della malavita? È il caso di Aiello?

Sì, è il caso di Salvatore Aiello. La cultura dovrebbe e potrebbe essere un grandissimo baluardo contro la malavita ed è proprio quello che intendevo esprimere negli ultimi capitoli in cui appunto emerge il personaggio del giovanissimo figlio di un boss.

Quando verità inconfessabili come quelle di Maria, non possono più rimanere sommerse?

Non dovrebbero mai rimanere sommerse. Carmelina non si rende conto del dramma che patiscono Maria ed Angela. E’ troppo buona, troppo ingenua e per di più ancora e nonostante tutto innamorata del marito. D’altra parte le figlie le nascondono la verità per proteggerla. Ma ogni madre che scopre una simile verità così come ogni donna che la subisce dovrebbe trovare la forza ed il coraggio di denunciare. Non è semplice... Non lo è neanche oggi, figuriamoci all’epoca in cui Maria e Angela subivano abusi e violenze in famiglia. Altri tempi...  Che poi sono in effetti quelli della mia adolescenza e giovinezza.

Quali iniziative sociali possono favorire una reazione immediata ad un abuso?

La prima è senz’altro la denuncia alle forze dell’ordine, alle autorità giudiziarie o, se non si vuole o non si può nell’immediato – sono tanti i motivi per cui non si vuole o non si può... – ci si può rivolgere telefonicamente o di persona presso centri o strutture antiviolenza. Per avere aiuto o anche solo un consiglio, delle informazioni, indicazioni ecc. esiste il numero 1522 gratuito anche dai cellulari ma c’è una vera e propria rete territoriale dei CAV, centri antiviolenza. A Napoli c’è il Telefono Rosa, per esempio, in funzione h24. E comunque basta fare una facile ricerca anche su internet.

Carmela Esposito come avrebbe potuto intercettare in tempo la triste realtà che stavano vivendo le figlie?

Non avrebbe potuto per i motivi che ho detto prima.

Assoluzione per tutte le donne del romanzo e condanna per gli uomini?

Non mi sembra... Non tutte le figure femminili sono positive e assolte... Nel contempo non tutte quelle maschili sono negative e condannabili. Però è vero che in questo romanzo, il ruolo della donna è centrale. Ma questo dipende molto dalla mia storia di impegno nel Movimento femminista ed in particolare di appartenenza per quasi mezzo secolo al gruppo storico delle Nemesiache. La nostra fu ed è lotta per esserci, esistere, costruire storia da soggetti pensanti e coscienti, in tutta la propria dignità e bellezza, per esprimere liberamente energia, creatività, arte e cultura. Cultura femminile! Non necessariamente contro perché questo significherebbe limitare la libertà e sentirsi vincolate  ovvero si ridurrebbe il tutto solo a denuncia e rivendicazionismo. Discorso peraltro di una attualità sconcertante...

Justine rappresenta la speranza per il futuro migliore?

Justine e Carmela la figlia di Angela certamente, ma anche alcuni tra allieve ed allievi.   

Angela vittima silente?

Su di lei l’accanimento dei maschi è meno pesante e comunque ha un carattere molto diverso da Maria, dalla quale peraltro si sente protetta e gratificata, quasi compensata dall’avere segreti in comune con lei.

Ma solo l’uomo può essere fonte di corruzione?

Assolutamente no. Però il negativo del maschile contamina, corrompe, inficia... Anche le menti di molte donne. E’ quello che bisogna temere e combattere.

Perché il lettore dovrebbe scegliere questo romanzo?

E’ una storia secondo me coinvolgente e dalle pagine del libro viene fuori tutto il mio disperato amore per Napoli. Questo mio libro infatti è anche un lungo canto per alcuni versi nostalgico, per altri d'amore per le sue origini e la sua millenaria cultura.

Prossima produzione letteraria?

Ho in programma di pubblicare un romanzo fantapolitico e sto ultimando una raccolta di racconti.

 


Silvana Campese, napoletana, scrittrice, attivista, col nome di Medea, nel gruppo femminista delle Nemesiache di Lina Mangiacapre/Nemesi. Ha pubblicato il romanzo Prisma; la raccolta di racconti Strada facendo; l’epistolario tenuto con l’amico poeta Lello Agretti Contrappunto per soli timpani ed oboe e il romanzo fantapolitico Il ritorno di Cisarò. Ha collaborato con la rivista “Mani-Festa”. La Nemesi di Medea ( L’Inedito edizioni ) è la sua ultima fatica letteraria.

 

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