"Nella mente di un superficiale" di Generoso di Biase, Graus Edizioni

L'autore: "Abbiamo bisogno di una forte ripresa culturale, di avviare un processo di sedimentazione di nuove verità"

Servizio di Valeria Marzoli

Generoso di Base non è nuovo al mondo della scrittura ma è già alla sua quarta pubblicazione. Da poche settimane in libreria “Nella mente di un superficiale”, Grau Edizioni, è un libro che difficilmente si può scordare. De Chirico, il protagonista del romanzo, è un impudente sciupafemmine, anche un po' scurrile, un padre discutibile, egoista ed egocentrico fino al momento in cui intuiamo in lui la sensibilità del poeta. Il libro racconta la storia di un viaggio, un viaggio dentro la mente di un superficiale. Con grande maestria lo scrittore ci porta a scoprire il vero volto di De Chirico. Spesso, molto spesso la realtà è diversa da ciò che appare.

 
Generoso, lei è un avvocato. Allora come si è avvicinato al mondo della scrittura?
"Quello dell’avvocato, in particolar modo dell’avvocato civilista, è un mondo esasperatamente tecnico. La logica sempre e soltanto al servizio dei formalismi più esasperanti. In un dato momento, ebbi bisogno di porre la logica al servizio della fantasia e dei ricordi, che stavo bruciando in una vita affannosamente frenetica".

Possiamo dire che il titolo di un libro è una sorta di anticipazione del contenuto dello stesso. Vale anche per i questo suo romanzo?

"È il punto da cui si parte, poi bisognerà scoprire il punto d’arrivo".

Il tratto distintivo del suo nuovo lavoro è la dualità del protagonista che appare come una persona molto superficiale, ma poi scopriamo in lui la sensibilità di un poeta. Apparire o essere. Ci dica come è riuscito a caratterizzare i suoi personaggi?

"Tutti sono ciò che sono, vale anche per chi appare. Sfortunato e colpevole chi è solo apparenza".

“Sono distrutto. Forse è retorica tra le tante sconfitte nella vita questa, per quanto non sia la più dura, mi risulta comunque indigesta. Ne devo prendere atto. Ho fallito con mia figlia”. Quale ruolo hanno i sentimenti nel suo testo?

"I sentimenti non so. Per parlare di sentimenti bisogna esprimere un giudizio, sulla scorta di un processo puntuale e defatigatorio, e sono troppo di parte per esprimere giudizi. Le emozioni sì e credo tante e vere".


Anche attraverso una scrittura leggera e frizzante si può affrontare problemi profondi. Qual è il messaggio del suo romanzo?

"Che non bisognerebbe mai giudicare. Il giudizio sugli altri, specie se severo, ci si ritorce quasi sempre contro. Si è severi soprattutto nei confronti di chi temiamo. Giudicare è un po’ esorcizzare le nostre paure"

Che cosa desidera rimanga ai lettori dopo la lettura del libro?

"Forti emozioni. Le emozioni sono certamente un buon principio per una riconsiderazione del proprio io. Abbiamo bisogno di una forte ripresa culturale, nel senso di avviare un processo di sedimentazione di nuove verità. Oggi ho la sensazione che la realtà e l’onestà intellettuale latinino nella nostra società, una, inevitabilmente, al pudore".

Il suo romanzo è uno spaccato della società contemporanea dominato dai social network che comporta un radicale disgregamento dei rapporti sociali. Dove ci porterà tutto questo?

"Come è nel significato della parola strumento, e i social sono dei veri e propri strumenti. Come tali si prestano alla strumentalizzazione (mi si perdoni il bisticcio di parole). Uno strumento alla portata di tutti. Le conseguenze le vediamo e le valutiamo a seconda della considerazione che si ha di “tutti”. La mia non è delle più lusinghiere".

Quando ha capito che la scrittura avrebbe fatto parte della sua vita?

"Quando ciò che mi circondava non mi emozionava più, avevo bisogno di nuova linfa per inventare un nuovo procedimento che portasse alle emozioni. Mi è stato semplice, anche se non facile ricorrere alla scrittura. Non facile soprattutto perché ritengo ci voglia coraggio, mi si scusi l’autoreferenzialità, a farsi giudicare in una veste completamente diversa da quella che si era indossata e con non poche conferme, negli ultimi, all’epoca della prima pubblicazione, venti e più anni. Il rischio di svendere la propria immagine per quelle che potevano risultare delle mere velleità".

In questo momento difficile e doloroso qual è il ruolo dello scrittore?

"Lo scrittore non ha un compito. Credo che cozzi con l’immagine artistica dello scrittore, limitandola. Nessuno, se escludiamo coloro che coprono i ruoli istituzionali o, quantomeno, canonici, ha un compito o, meglio, può prefiggersi di avere un compito. Il compito semmai gli sarà riconosciuto dal proprio valore, di cui nessuno avrà e deve avere piena consapevolezza".

Quali sono i tre libri che le hanno cambiato la vita?

"Nessuna lettura ha cambiato la mia vita, semmai ha contribuito a mettere a fuoco la mia vita. Nei libri, peraltro, cerco un confronto continuo. Un confronto di idee naturalmente e non di capacità letterarie. Se proprio devo indicare tre libri (romanzi) che hanno fortemente influenzato alla pari di tanti altri -ma ne devo scegliere tre-, il mio mondo emotivo, questi, in ordine sparso, sono: La versione di Barney di Mordecai Richler, L’idiota di Fedör Dostoevskij, Ferito a morte di Raffaele La Capria. Tutti fuoriescono dalla tradizione stilistica tipica del romanzo italiano. Da loro, dal loro stile letterario, fatte le dovute e imprescindibili proporzioni, ho ricavato un modello estetico per Nella mente di un superficiale”.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenti