Audaci intuizioni ossimoriche illuminano le poesie di Anna Mozzi
Servizio di Bruno Sacco
Queste
poesie di Anna Mozzi, così spesso illuminate da audaci intuizioni ossimoriche,
nascono (o almeno a me sembrano nascere) proprio da un ossimoro fondamentale:
il mare come vita e morte, bellezza e tragedia, luce accolta e luce smarrita,
forse anche indifferenza e pietà, un elemento la cui quintessenza si concentra
in misteriose fragili creature, le diatomee, mirabili organismi unicellulari
paragonabili a miriadi di màndala in cui si raccoglie prodigiosamente un intero
universo. Creature che ci parlano (altro ossimoro) al tempo stesso di passato e
futuro, rivelandosi a noi come i nostri
progenitori misteriosi (Polvere cosmica) e insieme come germogli di epoche nascenti / da tramandare
ai posteri (ibidem).
La
costruzione ossimorica si impone sin dalla lirica di apertura, eponima, nella
quale i lumi eterni perpetui si
palesano come enigmi che
paradossalmente chiariscono ciò che è
oscuro (Blu oltremare).
La
dittologia sinonimica – qui e altrove – addensa di significati versi solo
apparentemente criptici, in quanto l’autrice lascia sempre aperto un varco
all’ermeneutica di un rapporto – quello tra lei e l’universo marino – che
epidermicamente può apparire esclusivo, geloso. E allora risulta perfino
agevole scoprire il potere salvifico che la poetessa assegna alle creature del
suo entusiastico abbandono: … per
rinascere / dalle mie stesse ceneri /
o perché voi / soffiaste l’alito della vita / nella mia spoglia inanimata? (Alito di vita). E il duplice
interrogativo è doppiamente retorico (nel senso grammaticale del termine)
perché evidentemente una risposta non esclude l’altra.
Abbandonandosi
a questo panteistico abbraccio, dal quale non è assente una tentazione mistica,
la Mozzi può avvertire la propria palingenesi, sentendosi e dichiarandosi svelenata / restituita / all’originaria /
primigenia / archetipica purezza / di un feto (Aedi di un cielo marino), in una climax espressivo-emotiva che testimonia la sua irrevocabile
scelta, ma anche la sua voluttà, di fondersi col/nel blu oltremare, atteso che non c’è sale su questa terra (Futuro prossimo). Una fusione, forse
l’unica, che può garantire a lei (ma forse a chiunque ne ritenti l’esperienza)
l’approdo ad un lieto fine (Uova d’oro).
In
questo tipo di esperienza gli squarci dolenti di umana pietà per le tante,
troppe vite spezzate, rubate strappate
alle carrette del mare (Tremule animule) lasciano aperta la
possibilità di un riscatto, affidato alla lezione di verità - o meglio di
“svelamento” della verità (Epifania)
- che i minuscoli organismi marini possono impartire agli uomini, additando
loro un percorso tale da condurli nel blu oltremare, che non è una caduta nel nulla / ma nella divina pace / di un
mondo primordiale (Monadi).
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