MARIO MARTONE regista teatrale - di Laura Ricciardi

Artstudiopaparo Edizioni 2 voll. (250 pp. + 352pp con immagini a colori e b/n) € 50,00

Servizio di Antonio Tedesco




Mario Martone è sicuramente una delle figure artistiche più importanti e innovative nel panorama teatrale italiano degli ultimi decenni. A lui, o meglio, al suo lavoro di regista, Laura Ricciardi dedica un poderoso e accurato studio attraverso il quale non solo segna le tappe “in progress” di un percorso artistico-professionale che si evolve, ma stabilisce, con questo libro, che “formalizza”, per così dire, la portata e il valore del regista, un punto fermo per ogni eventuale e ulteriore arricchimento o approfondimento. 
L’autrice ripercorre la carriera di Martone partendo dagli esordi, dalle prime importanti esperienze, collocandole nel contesto artistico, culturale e sociale in cui nascono (a cavallo tra gli anni ’70 e ’80). Ne segue, poi, gli sviluppi sottolineando ogni tappa, ogni passaggio, rendendo conto sempre con precisione dell’ambito in cui tali fasi progressive si inseriscono. Con riguardo, soprattutto, all’ambiente artistico-teatrale in cui si trova ad operare. La carriera di Martone, infatti, si incrocia con quella di alcuni degli esponenti più significativi della nuova generazione di attori e registi che hanno segnato in quegli anni  le scene non solo napoletane. Da Andrea Renzi a Toni Servillo, da Antonio Neiwiller a Leo De Berardinis, da Licia Maglietta a Carlo Cecchi, ad Anna Bonaiuto a Enzo Moscato, per citarne solo alcuni. Il libro, quindi, comprende anche una esauriente ricognizione sulle pulsioni di rinnovamento che hanno attraversato il teatro negli anni '70 e '80, e può essere una lettura appassionante non solo per chi sia interessato a ripercorrere e ricostruire la carriera artistica del regista napoletano, ma, attraverso questa, anche il contesto vitale e febbrile che, soprattutto nei primi tempi, l'ha generata e segnata. Una lettura resa più scorrevole anche dall’uso di un linguaggio chiaro e preciso che (pur essendo l’autrice valente ricercatrice universitaria) evita l’uso eccessivo di tecnicismi e terminologie da addetti ai lavori.
Il libro si articola in due volumi che danno conto delle due distinte fasi in cui si è sviluppata l’attività teatrale di Martone (il primo, Dalla scena alla parola, 1977-1992, il secondo, Dalla parola allo spazio, 1993-2012). Seguendo l'ordine cronologico dei vari allestimenti, l'autrice ricostruisce ogni messa in scena riportandone dettagliatamente le caratteristiche, le particolarità, la prevalenza, di volta in volta, delle varie componenti compositive, attoriali, scenografiche o testuali. Ciò che viene fuori, nell’analisi di Laura Ricciardi, è un percorso teso a (ri)scoprire il teatro, da parte di questo regista che si muove, in principio, da posizioni di rottura abbastanza estreme, tipiche di quegli anni, dove, non solo il linguaggio teatrale, ma la stessa scena fisica e la sua tradizionale collocazione nella sala, venivano messi in discussione, scomposti e frammentati fino a negarne la valenza, per poi essere reinventati in forme nuove e diverse, sia per quanto riguarda i luoghi, che i modi relativi alla rappresentazione e alla fruizione dell’evento teatrale. A partire da qui, da un capovolgimento totale, Martone, insieme ai suoi compagni di strada (le Compagnie di Falso Movimento e di Teatri Uniti, prima di passare alla direzione di alcuni Teatri Stabili e cimentarsi con ottimi esiti nella regia cinematografica), ha iniziato un percorso di rifondazione e di riconquista della scena, finendo col riappropriarsi, nel tempo, anche degli elementi della tradizione classica, quali la drammaturgia e la parola, ma collocandoli in funzione nuova rispetto allo spazio scenico. E proprio lo spazio (la sua conquista e la sua gestione) ci indica l’autrice, sembra essere, fino a questo momento, l’obiettivo ultimo della ricerca teatrale di Martone. Un tragitto che, seguendo un itinerario  segnato da una profonda e tenace consapevolezza,  sembra chiudere il cerchio ritornando all’origine, a quelle performance realizzate sul finire degli anni '70, in un glorioso teatrino off napoletano, non a caso chiamato Spazio Libero, fondato e diretto (ancora oggi) da Vittorio Lucariello. Una ricerca, nata in quel luogo alternativo, che ha caratterizzato poi tutta l'attività artistica di Martone, e cioè, la possibilità di un’interazione tra un “vuoto” e un “senso”, o meglio, la possibilità di collocare figure nello spazio che diano senso al vuoto.
La scena, dunque, scomposta, stravolta, rivoltata, torna alla sua natura originaria di “spazio” da colmare di sensi e significati. Per questo il teatro di Martone, pur ritornando da un certo punto in poi alla parola e ad  altri segni scenici tradizionali, ha sempre, seppur in modi diversi, continuato a confrontarsi strenuamente con quella dimensione fisica e apparentemente circoscritta, che rimanda però a quell'altra dimensione, incolmabile, inafferrabile, smisurata, a quello spazio interiore che fa del teatro l'anima del mondo.

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