Se cantar mi fai d’amore – la drammaturgia di Annibale Ruccello, di Mariano D’Amora

CANTO D’AMORE PER ANNIBALE
 
Servizio di Antonio Tedesco

Se cantar mi fai d’amore la drammaturgia di Annibale Ruccello. Di Mariano D’Amora. Bulzoni Editore. Pagg. 177 – Euro 15.
Un titolo accattivante e immaginifico quello posto dal critico e studioso di teatro Mariano D’Amora a questo suo attento e approfondito studio sulla scrittura teatrale di Annibale Ruccello, il giovane drammaturgo di Castellammare di Stabia prematuramente scomparso nel 1986, in seguito ad un incidente d’auto. Un titolo che nella sua “musicalità”, quasi operistica, coglie, forse, quel sentimento profondo che attraversa tutta la drammaturgia di questo autore. E cioè quell’amore, appunto, venato da una sottile e profonda nostalgia per qualcosa che sta cambiando, che muta, e che forse si sta perdendo per sempre. E che, per il drammaturgo stabiese, si concretizzava in quella cultura popolare stratificatasi nei secoli, in quella tradizione antica che, nei decenni che vanno dagli anni Sessanta agli anni Ottanta del Novecento, egli, dal suo osservatorio privilegiato di Castellammare, e con il suo sguardo esercitato di studioso di antropologia culturale, vedeva trasformarsi e svanire a vista d’occhio.Avendo ben presente queste basi, dalle quali l’opera di Ruccello si muove, il libro di D’Amora si articola secondo una precisa metodologia analitica che segue il percorso drammaturgico dell’autore, fin dalle primissime prove, sviscerandone meticolosamente le ascendenze, i richiami, i riferimenti, insomma tutto il complesso e articolato apparato cognitivo e culturale dal quale l’opera del giovane drammaturgo prende forma e si evolve, fino a raggiungere risultati di notevole maturità artistica (Le cinque rose di Jennifer e Ferdinando, per citare giusto le sue opere più famose).D’Amora, dopo aver introdotto in un importante capitolo iniziale il contesto culturale e artistico nel quale Ruccello si inserisce (aprendosi, però, un suo spazio sicuramente autonomo e originale all’interno di quel fermento cosiddetto “posteduardiano”: la nascita di nuove realtà teatrali, la necessità di un respiro più ampio, il fenomeno della “nuova spettacolarità”), prosegue con l’analisi sistematica dei testi inquadrandoli nella loro successione cronologica. Li contestualizza nel particolare momento della carriera di Ruccello, li scompone, ne rintraccia le ascendenze e l’ispirazione, cita brani e passaggi particolarmente significativi intorno ai quali articola il suo discorso critico e, si potrebbe dire, accompagna passo passo il lettore all’interno di questo fermento creativo ad un tempo caotico e sistematico, nel quale si nutriva e si manifestava la scrittura di Ruccello. Non solo, quindi, le sue profonde conoscenze antropologiche, ma il cinema (melò e thriller in particolare), la cultura popolare e le canzonette, le espressioni più ribelli e trasgressive della nuova drammaturgia anglosassone insieme a quelle del suo concittadino Raffaele Viviani, fino a Proust ed Henry James, per citare solo alcuni dei tanti riferimenti di cui si alimenta il lavoro di questo autore.In Se cantar mi fai d’amore, Mariano D’Amora ritrova e restituisce con precisione tutte queste componenti e si fa carico di trasmettere il senso della complessità e della variegata composizione di un’esperienza artistica ricca e originale come quella, appunto, di Annibale Ruccello. Il tutto utilizzando un linguaggio mai accademico o professorale, ma che al contrario, nella sua scorrevolezza e nella sua essenzialità, sa rendere la lettura fluida e piacevole. E, proprio per questo, in grado di lasciare tracce anche più profonde e incisive nella memoria di chi legge. 
 



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